martedì 12 luglio 2016

La misura della felicità

foto Bug Malone

Dal rapporto sulla Felicità nel Mondo pubblicato recentemente dall’ONU emerge un quadro che contrasta con quanto sperimentiamo nei tanti rapporti che viviamo con amici di ogni parte del Mondo nel nostro servizio all’OPAM. Per questo abbiamo chiesto una riflessione a Padre Antoine M. Zacharie Igirukwayo, carmelitano docente di Spiritualità di Roma, originario del Burundi, Paese che nelle classifiche stilate dal rapporto ONU risulterebbe essere quello più infelice.

“Eh amici miei, sono felice, molto felice; grazie all'impegno profuso quest’anno ho ottenuto ciò a cui aspiravo” (Emwe bane ba mama ndahiriwe n’ukuri, ndahiriwe cane, umwete nagize muri uyu mwaka, warampaye ico nizigiye). Cinquant’anni fa, ai fanciulli burundesi della scuola elementare si faceva cantare un ritornello sulla felicità: l’invito ai conoscenti a rallegrarsi per l'impegno e l’assiduità che avevano portato a ottenere eccellenti risultati scolastici. Non so se si fa ancora, ma mi stupisce vedere quanto, come in una specie di gioco, il convincimento nel valore dello sforzo personale era inculcato come strada per la felicità. Questo era l’ideale dell’infanzia: impegnarsi qualunque fosse l’onere per raggiungere via via nuovi obiettivi e realizzarsi. Questa idea della felicità e delle sue esigenze era assimilata come in un gioco attraverso il canto e la recitazione, sotto forma di slogan che facevano parte di quella retorica, forza del linguaggio che forgia il moto dell’esistenza, accompagnato dalla gioia della “perfectio sui.” Pensandoci con il distacco cronologico, mi accorgo quanta motivazione e quale fonte di resilienza covava sotto questa retorica sullo sforzo per raggiungere gli obiettivi desiderati, fonte di felicità. La cultura locale di cui siamo stati imbevuti è piena di spunti universalmente validi, anche se declinati in schemi linguistici: diventare un uomo, uomo con i fratelli vicini, uomo per l’umanità intera; respirare come un uomo, ristorarsi come un uomo, agire come un uomo; amare l’uomo, quest’essere paradossalmente debole e forte, debolezza che suscita pietà, forza vera e ammirazione, ammirazione e pietà degne dell’uomo, ma non l’una senza l’altra. Dignità dell’uomo, azione umana, empatia, ecc.: solo tardi, troppo tardi, ne ho imparato i concetti e i meccanismi perché in altre parti del mondo, la razionalità segue schemi lineari e concettuali anziché narrativi e simbolici.

lunedì 9 maggio 2016

Per la festa della mamma regala… un posto a scuola

Istruire una donna è investire sul futuro del Mondo perché sono le donne la chiave dello sviluppo. Sulle loro fragili spalle grava il peso del destino di tutta l'umanità.
I legami fra sviluppo, istruzione e promozione della donna sono sempre più lampanti ma, nonostante tale evidenza, due terzi dei 757 milioni di analfabeti del mondo sono donne.

Promuovere l'istruzione della donna e favorire l’accesso all’istruzione delle bambine significa promuovere in modo significativo e duraturo lo sviluppo intero di un Paese.
Laddove la donna è istruita si assiste ad una riduzione sensibile della mortalità materno-infantile, ad una diminuzione dell'incidenza di quelle malattie che sono facilmente prevenibili attraverso l'igiene e l’alimentazione.

sabato 27 febbraio 2016

L'alba di un nuovo giorno

“Qualcuno pensa che oggi non sia più il caso di parlare di opere di misericordia, perché questo discorso sa di una mentalità ormai superata.
Oggi, i valori emergenti sono quelli della giustizia e della solidarietà.
Ma se si vuole che i discorsi sulla giustizia e la solidarietà, la condivisione, la partecipazione finiscano di essere solo parole per diventare tessuto di esistenza e isoirazione di vita, è necessario non perdere di vista la Misericordia di Dio, che fonda il dovere della misericordia fraterna" (Card. Anastasio Ballestrero) 

Queste parole dell’allora cardinale di Torino, contenute in una sua ampia introduzione ad un volumetto dal titolo “Le opere di misericordia” (Edizioni Paoline, 1990) mantengono anche oggi la loro attualità. Anzi servono a documentare che l’insistenza con cui papa Francesco ritorna sul tema della misericordia invitandoci a praticarla, non sia una novità nel pensiero e nella prassi cristiana. Basta pensare alla persona e all’opera di Gesù, il quale “passò facendo del bene a tutti”, al suo insegnamento basato sull’Amore di un Dio misericordioso verso tutti e dal quale scaturisce il dovere di amare il prossimo come noi stessi.

La misericordia cristiana non va confusa con un generico sentimento di buonismo. Essa nasce da Dio, anzi è la “struttura” stessa di Dio, il cui nome è “Misericordia” e che si esprime nel suo comportamento verso il peccatore. In ultima analisi Gesù è venuto per manifestare fino all’estremo dono di Sé il Volto benevolo di Dio che nel crocifisso raggiunge il peccatore nella sua più estrema lontananza, là dove egli si è perduto e allontanato da Lui, nella speranza di poter così intenerire il suo cuore indurito”, come ci rammenta il papa nel suo Messaggio per la Quaresima di questo anno Giubilare.

giovedì 4 febbraio 2016

Flussi migratori: realtà umane dietro i numeri

Pubblicato da TRECCANI proponiamo un articolo di Carla degli Esposti, docente di Matematica e Responsabile del settore Formativo OPAM, che racconta interessanti esperienze didattiche per l'Educazione allo Sviluppo e l'inclusione sociale.

mercoledì 3 febbraio 2016

Il tempo delle bambole

Gli anni per essere una bambina, in molte parti del mondo, sono davvero troppo pochi.
Una bambina in tanti, troppi Paesi, diventa presto donna, e si unisce alla schiera delle madri per prestare alla vita le sue piccole spalle su cui portare il peso del mondo.
Si mette in cammino nelle polverose strade del mondo, seguendo la scia di sudore e lacrime di coloro che l'hanno preceduta e affronta le sue battaglie quotidiane per strappare dall'annientamento l'esistenza... Proprio lei, la cui esistenza è stata prematuramente annientata, si fa ostinata portatrice di speranza.
Queste piccole donne non hanno voce ma hanno braccia per lavorare, mani per accarezzare, spalle per accogliere pesi, corpi per essere usati, mutilati, oltraggiati, cuori per continuare ad amare... nonostante tutto e ad oltranza. Ogni anno nel mondo 14 milioni di grida di aiuto si levano da queste vite recise... ma i deserti, le foreste, i mari ingoiano nel silenzio le loro voci e i loro sogni. Il tempo delle bambole, ammesso che sia mai esistito, termina a 8-10 anni per tante e quasi per tutte quelle bambole dei primi anni della loro vita avevano il volto dei loro fratellini.